Calimera, piccolo gioiello nel cuore della Grecìa Salentina, non serve un orologio per sapere quando inizia la festa. Il Cuturùsciu – ciambella rustica, profumata e simbolica – fa da preludio olfattivo alle celebrazioni di giugno, annunciando l’arrivo della Festa dei Lampioni e quella in onore di San Luigi Gonzaga. Mentre le strade si accendono di luci colorate e le note della tradizione ellenica risuonano nell’aria, un profumo irresistibile guida i passi dei visitatori verso i forni, dove questa delizia nasce e rinasce ogni anno.

Cos’è il Cuturùsciu? Una storia di semplicità e ingegno

Chiedersi cosa sia il Cuturùsciu è naturale. Ma la risposta non si trova solo in una ricetta. Il Cuturùsciu è un impasto di storia, memoria e cultura popolare, un piccolo miracolo gastronomico nato dal nulla – o meglio, da ciò che veniva considerato uno scarto.

Secondo la tradizione, quando le massaie terminavano l’impasto del pane, rimanevano sulla madia (l’antico tavolo da impasto) dei residui di farina e lievito attaccati alle pareti di legno. Troppo pochi per formare un nuovo pane, ma troppo preziosi per essere sprecati. E così, con la saggezza e la creatività tipica delle donne del Sud, venivano recuperati, rimpastati con un filo d’olio, un po’ d’acqua, sale grosso e pepe, e poi messi in forno.

Il risultato era una ciambella croccante fuori e morbida dentro, rustica e saporita, da gustare calda, appena sfornata, spesso condivisa ancora fumante tra vicini, amici, bambini in festa.

Il cuore delle feste di Calimera

A Calimera, il Cuturùsciu non è solo cibo. È rito, identità, collante sociale. Durante le celebrazioni religiose e civili, il suo profumo invade le strade, si mescola alle musiche dei gruppi folk, ai colori dei lampioni decorati, alle voci che parlano in griko, l’antica lingua ellenica che ancora resiste nei paesi della Grecìa Salentina.

Il suo profumo è un richiamo primordiale, capace di far vibrare la memoria collettiva. Mangiarlo durante la festa è un gesto carico di significato, un modo per sentirsi parte di qualcosa di più grande: una comunità che non dimentica le proprie radici.

Un patrimonio da proteggere

In un’epoca in cui la globalizzazione minaccia le tradizioni locali, Calimera si impegna con orgoglio a preservare il Cuturùsciu come simbolo culturale. Non si tratta soltanto di una questione gastronomica: è una forma di resistenza dolce, una rivendicazione di identità attraverso il gusto.

Associazioni culturali, forni artigianali e cittadini si mobilitano per tramandare questa tradizione, anche insegnandola ai più giovani, nelle scuole, durante i laboratori culinari legati alle feste. Il Cuturùsciu diventa così anche strumento educativo, ponte tra generazioni, espressione tangibile della memoria locale.

Un’esperienza multisensoriale

Ciò che rende il Cuturùsciu così speciale è la sua capacità di attivare tutti i sensi. Lo si vede, con la sua forma inconfondibile e rustica. Lo si tocca, ancora caldo, con la superficie leggermente rugosa e dorata. Lo si annusa, lasciandosi travolgere dall’aroma intenso di pane e spezie. Lo si ascolta, quando si spezza sotto le dita. E soprattutto, lo si gusta, lasciandosi sorprendere da una semplicità che sa di casa, di festa, di Sud.

Un simbolo della Grecìa salentina

Ma il Cuturùsciu è anche espressione di una cultura più ampia: quella ellenica e contadina della Grecìa Salentina, una zona unica in Italia per lingua, folklore e tradizioni. In questo contesto, ogni alimento ha un’anima, e ogni festa un sapore preciso.

Nel caso del Cuturùsciu, quel sapore è unione, resistenza, identità. Non a caso, proprio mentre si festeggiano i santi e si accendono i lampioni, il paese si riunisce per celebrarlo, quasi come un atto liturgico collettivo.

Il Cuturùsciu oggi: tra tradizione e riscoperta

Oggi, grazie alla riscoperta delle cucine locali e alla valorizzazione delle eccellenze regionali, il Cuturùsciu sta vivendo una nuova stagione di gloria. Sempre più visitatori arrivano a Calimera incuriositi, attratti dal folklore ma anche dalla gastronomia autentica e sincera. E scoprono che non serve un’occasione speciale per mangiarlo, anche se farlo durante la festa gli dà un sapore unico.

Alcuni forni lo propongono tutto l’anno, magari reinterpretandolo leggermente – con semi di finocchio, cipolla o pomodoro secco – senza mai tradire lo spirito originale. Perché, in fondo, ciò che conta è il rispetto per l’anima del prodotto, quella semplicità contadina che sa parlare a tutti, anche oggi.

Un morso di autenticità salentina

Il Cuturùsciu non è solo un prodotto da forno: è un racconto da mordere. È un pezzo di Salento che si offre al palato e alla memoria. È un rito che profuma di legna e ricordi, che resiste alla modernità senza rinunciarvi, che si fa metafora del territorio e della sua gente.

Se capiti a Calimera a giugno, lascia che siano i sensi a guidarti. Segui il profumo del Cuturùsciu: ti porterà dritto al cuore pulsante della festa. E forse, in quel semplice morso, troverai molto più di un sapore. Troverai un’identità che non ha mai smesso di credere nel valore delle piccole cose.

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